La scarsezza di documenti e l’abbondanza di leggende narrate su Scanno e sul lago omonimo rendono disagevole ricostruirne la storia. Si è dibattuto parecchio persino sull’etimo del nome.
Alcuni lo fecero risalire a villaggi orientali (Macua Scamnos, sulle rive del Mar Rosso); o ancora alla forma di sgabello della propaggine del Colle dove è adagiato. Probabilmente, e attendibilmente, Scamnum era il termine che indicava il confine che divideva le centurie in cui un terreno, conquistato dalle truppe romane, veniva diviso e assegnato in proprietà ai veterani/contadini. Già in epoche preistoriche, segni di insediamenti sono stati trovati sul massiccio del monte Genzana, a est del lago di Scanno, risalenti al Paleolitico (circa 400.000-350.000 anni fa), e costituiscono la prima testimonianza di mai interrottasi presenza umana. La ragione è semplice: solo sul massiccio del Genzana sono presenti circa 40 sorgenti di acqua purissima e pascoli abbondanti, di grandissima qualità. La lana fece la ricchezza del paese. Le pecore di Scanno erano nere, di taglia piccola e con lana di inferiore qualità, ma gli scannesi detennero per secoli una quota importante di questo frutto laniero presso il mercato di Foggia.
Il mercato della lana nera aveva parametri differenti rispetto alla più pregiata varietà bianca (maiorina e aenina), ciò nondimeno questa varietà di prodotto alimentava un mercato di notevole rilevanza economica, fatto di manifatture locali che producevano per gli enti religiosi e per i militari. Grazie alla lana, nel centro storico, dal tardo Rinascimento al Barocco una storia fantastica è stata scritta nella pietra, con un'architettura di rara armonia d'insieme: suggestive fughe dei tetti, case e palazzetti, scorci pittoreschi, dalle scalette esterne alle case sulle viuzze scoscese, archetti di riparo, anditi bui. I numerosi palazzi e le tante ricche chiese urbane e rurali (14 tuttora esistenti) abbelliscono il paese, testimoniando il benessere raggiunto, che favorì anche la crescita culturale di molte famiglie benestanti. I figli studiavano a Napoli e in paese si coltivavano le arti letterarie e la musica. Le esposizioni del Museo della lana raccontano questa storia, laica e religiosa. Un colpo decisivo all'industria armentaria, già declinante dall'inizio del '900, fu dato dai tedeschi occupanti che, nel '43, che sequestrarono circa 25.000 capi inviandoli in Germania per consumo alimentare. Il flusso migratorio, interno ed estero, già in atto dall'inizio del secolo scorso, si accentuò, verso l'Europa e le Americhe. Si pensi che nel 1921 i residenti erano più di 4.000, mentre attualmente superano a malapena i 1.700. Per le peculiarità ambientali ed etnografiche Scanno fu meta, già dal '700, di illustri viaggiatori italiani e stranieri. L’industria turistica nasce nei primi anni del novecento. Il primo vero albergo, il Pace, fu inaugurato nel 1906, ma lo sviluppo vero e proprio si deve in gran parte proprio ai nostri emigranti che, rientrati in paese con i risparmi, hanno coraggiosamente investito in iniziative turistiche, evitando il completo spopolamento. Oggi Scanno è un’affermata località di soggiorno estivo e invernale, con alberghi, ristoranti, negozi, botteghe artigiane di notevole e riconosciuto livello qualitativo. Scanno è famosa per l'originalità e la bellezza dell'abito tradizionale femminile; abito, non “costume” poiché è ancora indossato giornalmente da poche anziane. Ogni anno, il 14 agosto, si svolge la rievocazione dell'antico corteo nuziale. L'abito era interamente prodotto dalle donne.
La lavorazione della lana e dei tessuti era effettuata durante l’autunno e l’inverno, quando le greggi transumavano nel Tavoliere delle Puglie e le donne rimanevano sole. La mano d’opera, infatti, era esclusivamente femminile. In ogni famiglia si costituiva un piccolo lanificio: i piccoli e gli anziani erano la “manovalanza”; le donne cardavano, filavano, ordivano, tessevano, tingevano. Si pensi che quando il Re di Napoli, Ferdinando IV di Borbone, fondò a San Leucio, vicino Caserta, una delle fabbriche di seta più conosciuta al mondo, chiamò come insegnante di tessitura e di tintoria Colomba Mancinelli, scannese.
L’arte della tintoria si svolgeva mediante procedimenti originali e gelosamente tramandati dalle donne. Per la colorazione si estraevano i principi attivi da piante (foglie, radici e cortecce) e da insetti (la cinipe purpurea). Solo l’indaco veniva acquistato; veniva sciolto con sostanze acide che servivano a fissare il colore e, attraverso un processo di fermentazione, si otteneva il blu e le sue gradazioni.
Nell’800 l'abito subì sensibili trasformazioni, sia nel colore che nella foggia. I colori divennero scuri, il copricapo (cappellitte) si sofisticò gradualmente, fino ad assumere la forma attuale, che caratterizza singolarmente l'abbigliamento della donna scannese. L’insieme degli elementi che formano questa sorta di turbante sono “solo” poggiati sul capo. Ciò costringe chi lo indossa a mantenere una postura eretta, atteggiamento che conferisce unl portamento fiero e matronale, che ha colpito tanti studiosi e che attira ogni sguardo. “Ju cappellitte” veniva indossato solo nei giorni di festa (ricorrenze religiose, matrimoni, occasioni particolari). Per l’uso quotidiano le donne coprono il capo con un semplice fazzoletto quadrato, di vario colore, “ju maccature”, piegato trasversalmente e legato dietro la nuca in modo da lasciar cadere due code sulle spalle. L'abito è arricchito anche da gioielli e merletti. La produzione di merletti al tombolo ha inizio verso la metà dell’800 quando “ju cummudine”, il corpetto dell’abito, si arricchisce della “scolla”, un merletto cucito appunto intorno alla scollatura. Quest’arte giunse a Scanno dai centri vicini come Pescocostanzo, dove era giounta con le mogli dei mastri muratori comacini, chiamati all'inizio del '700 a ricostruire i paese distrutti o danneggiati dai terremoti della fine del '600 e del 1703 (Aquila) e 1706 (Morrone). Velocemente si diffuse nelle famiglie e ancora oggi molte donne di Scanno praticano quest'arte, recentemente utilizzata in modo innovativo anche nell'oreficeria locale. L' oreficeria era fiorente già alla fine del '70, quando lo storico Michele Torcia scrive: “….Le circeglie ornano i loro orecchi; sono pendenti d?oro in sottil filigrana o solidi di valore; il collo un laccetto o sia catenina dello stesso metallo di fino lavoro accompagnato d'altri fili di “canacchi? con Crocefisso o altra immagine di Santi, ed anche collane di zecchini veneziani. Generalmente la immagine poggia sul petto sotto il ripiego delle descritte lunghe innumerevoli collane. Anche le dita vanno cariche di anelli fini con pietre e senza pietre, secondo la facoltà delle famiglie…” Le monete erano ovviamente frutto di scambi commerciali con gli acquirenti delle lane e dei pannilana, provenienti anche dalla Toscana e dal Veneto, mentre l'arte della lavorazione arrivò dalle vicine Sulmona, Pescocostanzo e Guardiagrele. Alcuni benestanti allevatori e proprietari investirono capitali in questa nuova attività, ancora florida a Scanno. Le vetrine delle botteghe sono ricche di oggetti, creati nei trascorsi secoli proprio per arricchire l'abito muliebre e sono ancora oggi la testimonianza di una tradizione antica che riproduce fedelmente, rielabora e crea gioielli raffinatissimi. Percorrendo le strade del centro storico, infatti, è inevitabile essere attratti dalle vetrine degli orafi che espongono con orgoglio le loro creazioni, realizzate con la stessa passione degli antenati. Scanno si estende su 134,4 km quadrati di territorio, terzo in Abruzzo, dopo Aquila e Teramo; estensione che va oltre i confini naturali, legata all’esigenza di ottenere pascoli estivi a sufficienza per le decine di migliaia di pecore possedute per molti secoli. Territorio montano, con il vertice basso occupato dal lago, il più importante bacino di sbarramento naturale italiano che affascina gli innamorati con la sua forma di cuore. Una parte importante del suo territorio è ricompreso nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. L'attenzione alla conservazione, alla tutela e al miglioramento ambientale sono dimostrate dai molti riconoscimenti ottenuti. Scanno, oltre ad essere Bandiera Blu (qualità delle acque), fa parte dei Borghi più Belli d' Italia (Associazione nazionale); dei Borghi del Respiro (qualità dell'aria), e che per il patrimonio storico culturale e ambientale di pregio e l'accoglienza di qualità è anche Bandiera Arancione del Touring Club Italiano (fondato nel 1894, conta oggi 280.000 soci in Italia. Lungo i 1200 km dell’intera dorsale appenninica vi sono circa 240 cime che raggiungono i 2000 metri. Il territorio di Scanno ne conta ben 14, un vero record! Un’estensione così vasta e varia, che copre 1000 metri di altimetria, ovviamente presenta una ricchezza e varietà altrettanto importanti anche per gli aspetti legati alla flora e alla fauna. Passeggiando lungo i prati, le rive del lago o dei fiumi, attraverso le grandi distese pascolive in quota, o ancora immersi nelle faggete e le radure, vi capiterà di imbattervi in veri miracoli della natura con orchidee selvatiche, farfalle sgargianti di colori, alberi maestosi e sottobosco ricco di frutti selvatici. Panorami mozzafiato sono visibili da ogni quota, Il lago è ricco di pesci e uccelli di molte specie. L'attività e la navigazione sono regolate da norme severe, a tutela della fauna e della qualità delle acque. Normali sono gli incontri con cervi, meno frequenti con orsi e persino lupi. A causa dell'isolamento geografico (la prima strada carrabile fu aperta nei primi anni del '900), a Scanno si sono conservate intatte tradizioni millenarie, vissute dalla popolazione come identitari e non turistici. Oltre al “Catenaccio”, già citato, ne citiamo altre due, fra le numerose ancora praticate: le “Chezette” del 5 gennaio e le “Glorie di San Martino, del 10 novembre. Le "Chezette" sono probabilmente tra le manifestazioni più suggestive del folklore scannese e abruzzese, sia per la natura itinerante dei canti di questua, una volta proposti dai bambini sotto le finestre delle donne benestanti, con sberleffi e richieste di cibo, sia per il fascino degli scorci che il borgo offre d'inverno. I giovani per l'occasione indossano le "cappe", tabarri di panno nero, tessuti a mano dalle donne e “appendono” le calzette della befana alle finestre dell'amata. Le Glorie rientrano nelle ritualità, numerose in Italia, legate al fuoco e al capodanno contadino. A Scanno il rito conserva originalità e significati del tutto singolari.
La scarsezza di documenti e l’abbondanza di leggende narrate su Scanno e sul lago omonimo rendono disagevole ricostruirne la storia. Si è dibattuto parecchio persino sull’etimo del nome.
Alcuni lo fecero risalire a villaggi orientali (Macua Scamnos, sulle rive del Mar Rosso); o ancora alla forma di sgabello della propaggine del Colle dove è adagiato. Probabilmente, e attendibilmente, Scamnum era il termine che indicava il confine che divideva le centurie in cui un terreno, conquistato dalle truppe romane, veniva diviso e assegnato in proprietà ai veterani/contadini. Già in epoche preistoriche, segni di insediamenti sono stati trovati sul massiccio del monte Genzana, a est del lago di Scanno, risalenti al Paleolitico (circa 400.000-350.000 anni fa), e costituiscono la prima testimonianza di mai interrottasi presenza umana. La ragione è semplice: solo sul massiccio del Genzana sono presenti circa 40 sorgenti di acqua purissima e pascoli abbondanti, di grandissima qualità. La lana fece la ricchezza del paese. Le pecore di Scanno erano nere, di taglia piccola e con lana di inferiore qualità, ma gli scannesi detennero per secoli una quota importante di questo frutto laniero presso il mercato di Foggia.
Il mercato della lana nera aveva parametri differenti rispetto alla più pregiata varietà bianca (maiorina e aenina), ciò nondimeno questa varietà di prodotto alimentava un mercato di notevole rilevanza economica, fatto di manifatture locali che producevano per gli enti religiosi e per i militari. Grazie alla lana, nel centro storico, dal tardo Rinascimento al Barocco una storia fantastica è stata scritta nella pietra, con un'architettura di rara armonia d'insieme: suggestive fughe dei tetti, case e palazzetti, scorci pittoreschi, dalle scalette esterne alle case sulle viuzze scoscese, archetti di riparo, anditi bui. I numerosi palazzi e le tante ricche chiese urbane e rurali (14 tuttora esistenti) abbelliscono il paese, testimoniando il benessere raggiunto, che favorì anche la crescita culturale di molte famiglie benestanti. I figli studiavano a Napoli e in paese si coltivavano le arti letterarie e la musica. Le esposizioni del Museo della lana raccontano questa storia, laica e religiosa. Un colpo decisivo all'industria armentaria, già declinante dall'inizio del '900, fu dato dai tedeschi occupanti che, nel '43, che sequestrarono circa 25.000 capi inviandoli in Germania per consumo alimentare. Il flusso migratorio, interno ed estero, già in atto dall'inizio del secolo scorso, si accentuò, verso l'Europa e le Americhe. Si pensi che nel 1921 i residenti erano più di 4.000, mentre attualmente superano a malapena i 1.700. Per le peculiarità ambientali ed etnografiche Scanno fu meta, già dal '700, di illustri viaggiatori italiani e stranieri. L’industria turistica nasce nei primi anni del novecento. Il primo vero albergo, il Pace, fu inaugurato nel 1906, ma lo sviluppo vero e proprio si deve in gran parte proprio ai nostri emigranti che, rientrati in paese con i risparmi, hanno coraggiosamente investito in iniziative turistiche, evitando il completo spopolamento. Oggi Scanno è un’affermata località di soggiorno estivo e invernale, con alberghi, ristoranti, negozi, botteghe artigiane di notevole e riconosciuto livello qualitativo. Scanno è famosa per l'originalità e la bellezza dell'abito tradizionale femminile; abito, non “costume” poiché è ancora indossato giornalmente da poche anziane. Ogni anno, il 14 agosto, si svolge la rievocazione dell'antico corteo nuziale. L'abito era interamente prodotto dalle donne.
La lavorazione della lana e dei tessuti era effettuata durante l’autunno e l’inverno, quando le greggi transumavano nel Tavoliere delle Puglie e le donne rimanevano sole. La mano d’opera, infatti, era esclusivamente femminile. In ogni famiglia si costituiva un piccolo lanificio: i piccoli e gli anziani erano la “manovalanza”; le donne cardavano, filavano, ordivano, tessevano, tingevano. Si pensi che quando il Re di Napoli, Ferdinando IV di Borbone, fondò a San Leucio, vicino Caserta, una delle fabbriche di seta più conosciuta al mondo, chiamò come insegnante di tessitura e di tintoria Colomba Mancinelli, scannese.
L’arte della tintoria si svolgeva mediante procedimenti originali e gelosamente tramandati dalle donne. Per la colorazione si estraevano i principi attivi da piante (foglie, radici e cortecce) e da insetti (la cinipe purpurea). Solo l’indaco veniva acquistato; veniva sciolto con sostanze acide che servivano a fissare il colore e, attraverso un processo di fermentazione, si otteneva il blu e le sue gradazioni.
Nell’800 l'abito subì sensibili trasformazioni, sia nel colore che nella foggia. I colori divennero scuri, il copricapo (cappellitte) si sofisticò gradualmente, fino ad assumere la forma attuale, che caratterizza singolarmente l'abbigliamento della donna scannese. L’insieme degli elementi che formano questa sorta di turbante sono “solo” poggiati sul capo. Ciò costringe chi lo indossa a mantenere una postura eretta, atteggiamento che conferisce unl portamento fiero e matronale, che ha colpito tanti studiosi e che attira ogni sguardo. “Ju cappellitte” veniva indossato solo nei giorni di festa (ricorrenze religiose, matrimoni, occasioni particolari). Per l’uso quotidiano le donne coprono il capo con un semplice fazzoletto quadrato, di vario colore, “ju maccature”, piegato trasversalmente e legato dietro la nuca in modo da lasciar cadere due code sulle spalle. L'abito è arricchito anche da gioielli e merletti. La produzione di merletti al tombolo ha inizio verso la metà dell’800 quando “ju cummudine”, il corpetto dell’abito, si arricchisce della “scolla”, un merletto cucito appunto intorno alla scollatura. Quest’arte giunse a Scanno dai centri vicini come Pescocostanzo, dove era giounta con le mogli dei mastri muratori comacini, chiamati all'inizio del '700 a ricostruire i paese distrutti o danneggiati dai terremoti della fine del '600 e del 1703 (Aquila) e 1706 (Morrone). Velocemente si diffuse nelle famiglie e ancora oggi molte donne di Scanno praticano quest'arte, recentemente utilizzata in modo innovativo anche nell'oreficeria locale. L' oreficeria era fiorente già alla fine del '70, quando lo storico Michele Torcia scrive: “….Le circeglie ornano i loro orecchi; sono pendenti d?oro in sottil filigrana o solidi di valore; il collo un laccetto o sia catenina dello stesso metallo di fino lavoro accompagnato d'altri fili di “canacchi? con Crocefisso o altra immagine di Santi, ed anche collane di zecchini veneziani. Generalmente la immagine poggia sul petto sotto il ripiego delle descritte lunghe innumerevoli collane. Anche le dita vanno cariche di anelli fini con pietre e senza pietre, secondo la facoltà delle famiglie…” Le monete erano ovviamente frutto di scambi commerciali con gli acquirenti delle lane e dei pannilana, provenienti anche dalla Toscana e dal Veneto, mentre l'arte della lavorazione arrivò dalle vicine Sulmona, Pescocostanzo e Guardiagrele. Alcuni benestanti allevatori e proprietari investirono capitali in questa nuova attività, ancora florida a Scanno. Le vetrine delle botteghe sono ricche di oggetti, creati nei trascorsi secoli proprio per arricchire l'abito muliebre e sono ancora oggi la testimonianza di una tradizione antica che riproduce fedelmente, rielabora e crea gioielli raffinatissimi. Percorrendo le strade del centro storico, infatti, è inevitabile essere attratti dalle vetrine degli orafi che espongono con orgoglio le loro creazioni, realizzate con la stessa passione degli antenati. Scanno si estende su 134,4 km quadrati di territorio, terzo in Abruzzo, dopo Aquila e Teramo; estensione che va oltre i confini naturali, legata all’esigenza di ottenere pascoli estivi a sufficienza per le decine di migliaia di pecore possedute per molti secoli. Territorio montano, con il vertice basso occupato dal lago, il più importante bacino di sbarramento naturale italiano che affascina gli innamorati con la sua forma di cuore. Una parte importante del suo territorio è ricompreso nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. L'attenzione alla conservazione, alla tutela e al miglioramento ambientale sono dimostrate dai molti riconoscimenti ottenuti. Scanno, oltre ad essere Bandiera Blu (qualità delle acque), fa parte dei Borghi più Belli d' Italia (Associazione nazionale); dei Borghi del Respiro (qualità dell'aria), e che per il patrimonio storico culturale e ambientale di pregio e l'accoglienza di qualità è anche Bandiera Arancione del Touring Club Italiano (fondato nel 1894, conta oggi 280.000 soci in Italia. Lungo i 1200 km dell’intera dorsale appenninica vi sono circa 240 cime che raggiungono i 2000 metri. Il territorio di Scanno ne conta ben 14, un vero record! Un’estensione così vasta e varia, che copre 1000 metri di altimetria, ovviamente presenta una ricchezza e varietà altrettanto importanti anche per gli aspetti legati alla flora e alla fauna. Passeggiando lungo i prati, le rive del lago o dei fiumi, attraverso le grandi distese pascolive in quota, o ancora immersi nelle faggete e le radure, vi capiterà di imbattervi in veri miracoli della natura con orchidee selvatiche, farfalle sgargianti di colori, alberi maestosi e sottobosco ricco di frutti selvatici. Panorami mozzafiato sono visibili da ogni quota, Il lago è ricco di pesci e uccelli di molte specie. L'attività e la navigazione sono regolate da norme severe, a tutela della fauna e della qualità delle acque. Normali sono gli incontri con cervi, meno frequenti con orsi e persino lupi. A causa dell'isolamento geografico (la prima strada carrabile fu aperta nei primi anni del '900), a Scanno si sono conservate intatte tradizioni millenarie, vissute dalla popolazione come identitari e non turistici. Oltre al “Catenaccio”, già citato, ne citiamo altre due, fra le numerose ancora praticate: le “Chezette” del 5 gennaio e le “Glorie di San Martino, del 10 novembre. Le "Chezette" sono probabilmente tra le manifestazioni più suggestive del folklore scannese e abruzzese, sia per la natura itinerante dei canti di questua, una volta proposti dai bambini sotto le finestre delle donne benestanti, con sberleffi e richieste di cibo, sia per il fascino degli scorci che il borgo offre d'inverno. I giovani per l'occasione indossano le "cappe", tabarri di panno nero, tessuti a mano dalle donne e “appendono” le calzette della befana alle finestre dell'amata. Le Glorie rientrano nelle ritualità, numerose in Italia, legate al fuoco e al capodanno contadino. A Scanno il rito conserva originalità e significati del tutto singolari.
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