Villamassargia sorge nella Sardegna sud-occidentale, all’interno della regione storica del Sulcis Iglesiente.
Più precisamente, il borgo è situato nella zona sud-ovest della Valle del Cixerri, che trae il nome dall’omonimo fiume.
Fin dall’epoca neolitica, si attesta la presenza dell’uomo in questo territorio.
A tale proposito, di particolare importanza è la grotta di Su Concali de Corongiu Acca, una cavità naturale scoperta nel 1954 e frequentata nel Neolitico Antico e Medio, fino alla prima Età del Bronzo. La grotta, che ha una lunghezza di 7,50 metri, aveva esclusiva funzione funeraria. Essa ha restituito ceramiche ascrivibili alla cultura di Bonu Ighinu, risalente alla prima metà del V millennio a.C., una testina in tufo raffigurante la dea madre e un gran numero di ossa umane appartenenti a defunti di entrambi i sessi.
L’eredità nuragica è testimoniata dalla presenza di numerosi nuraghi, tre tombe di giganti e alcuni pozzi sacri, mentre non si hanno riscontri materiali certi riguardo al periodo fenicio-punico.
Più numerose, invece, sono le evidenze archeologiche che attestano la frequentazione del territorio di Villamassargia in epoca romana.
Infatti sono stati rinvenuti alcuni resti dell’antico acquedotto che approvvigionava la città di Calaris, l’odierna Cagliari, e che veniva alimentato anche dalla sorgente di Capud’acquas, sulle falde settentrionali del monte Ollastu.
La presenza romana è, inoltre, attestata dai resti di antiche fonderie, che rivelano l’importanza dell’estrazione mineraria in questo territorio, e di una necropoli in località Santa Barbara, le cui tombe sono databili tra il III e il I secolo a.C. Un altro sepolcreto è stato rinvenuto in località S’Arriali.
Gli studiosi hanno rilevato che la Villamassargia romana era una realtà di tipo rurale, basata principalmente sulla produzione di grano, come sembra indicare il nome stesso, che deriverebbe dal latino Villa Massaricia, ma anche sull’attività mineraria e sulla pastorizia.
L’importanza di Villamassargia crebbe notevolmente in età medievale. All’epoca il paese faceva parte dei territori del Giudicato di Cagliari e divenne, prima della nascita di Villa di Chiesa, il capoluogo della Curatoria del Cixerri, attestandosi come uno dei più popolosi centri del Sulcis Iglesiente.
In quel periodo la Sardegna iniziò a subire l’ingerenza politica ed economica di Pisani e Genovesi, che ebbero un ruolo determinante nello sventare il tentativo di conquista dell’isola da parte degli Arabi.
I Giudici sardi, riconoscenti dell’aiuto, iniziarono a operare concessioni e donazioni alle due città: tale pratica sfociò nella concessione ai Pisani del castello di Cagliari nel 1215, che sancì la supremazia politica e militare dei toscani sull’intero Giudicato. Quest’ultimo venne definitivamente sconfitto dai Pisani nel 1258: il suo territorio venne in parte affidato alla famiglia pisana dei Donoratico della Gherardesca, che ottenne il controllo di tutto il Sulcis Iglesiente, spartendosi i vari possedimenti.
La Curatoria del Cixerri, alla quale apparteneva anche Villamassargia, passò in mano al Conte Ugolino, mentre a Gherardo spettarono quelle di Sulci, Nora e Decimo. Successivamente, in seguito alla morte di Ugolino e alla rivolta del figlio Guelfo, sedata dalla città di Pisa, anche la Curatoria del Cixerri venne inglobata nei possedimenti della famiglia di Gherardo.
Al periodo medievale risalgono i principali luoghi della cultura di Villamassargia: la chiesa di San Ranieri (poi intitolata alla Madonna del Pilar) e quella di Santa Maria della Neve, il Castello di Gioiosa Guardia, S’Ortu Mannu e la dimora storica “Casa Casula”.
Villamassargia rimase sotto il dominio pisano fino all’arrivo in Sardegna dei Catalano-Aragonesi, che nel 1324 conquistarono Villa di Chiesa.
L’anno successivo anche Villamassargia cadde in mano aragonese.
Dal punto di vista storico e naturalistico a Villamassargia si trova un uliveto plurisecolare nella località di S’Ortu Mannu e dal 2008 è inserito nell’elenco dei Monumenti Naturali.
Esso è situato ai piedi della collina su cui sono ancora visibili i resti del Castello di Gioiosa Guardia, a circa 4 km a Est rispetto all’odierno abitato.
All’inizio l’uliveto aveva un’estensione di circa 500 ettari, oggi ridotti a 12.
Di impianto fenicio-punico, secondo l’ipotesi più accreditata durante l’epoca della dominazione pisana la famiglia dei conti della Gherardesca, divenuti signori delle Curatorie di Cixerri, Sulci, Nora e Decimo, avrebbe promosso e incentivato l’innesto di olivastri, affidandone la proprietà ai contadini che in cambio avrebbero dovuto versare la metà del prodotto.
Tale pratica venne mantenuta anche durante il periodo di dominazione catalano-aragonese.
Al 1436 risale un’ordinanza del viceré del Regno di Sardegna, che invitava i cittadini di Villamassargia a innestare gli olivastri che si trovavano nella vallata del Cixerri, in un luogo detto “Bega de s’acqua” sino alla località di “Santu Rumeu”, per un’estensione di circa 7 km.
Era frequente che i proprietari degli alberi non fossero gli stessi titolari del terreno dove gli arbusti erano piantati: questo causava frequentemente conflitti.
Per ovviare a questo problema, nel corso degli anni ’90 del XX secolo, il Comune ha avviato un procedimento espropriativo, attraverso il quale ha acquisito la proprietà delle piante.
I privati hanno ceduto gli alberi ad una cifra simbolica di 1000 lire ciascuno all’amministrazione comunale, in cambio del diritto, trasmissibile anche agli eredi, di usufrutto sullo stesso albero per 99 anni, con l’impegno di badare alla potatura e alla cura in generale.
Attualmente nell’orto si contano circa settecento di esemplari, ognuno dei quali reca una targhetta con il nome della famiglia usufruttuaria che si impegna a curarlo e a preservarlo.
Il numero 556, per esempio, identifica Sa Reina (La Regina), una pianta di circa 900 anni che, con il suo fusto di 16 metri di circonferenza, risulta tra i più grandi ulivi del Mediterraneo.
Villamassargia sorge nella Sardegna sud-occidentale, all’interno della regione storica del Sulcis Iglesiente.
Più precisamente, il borgo è situato nella zona sud-ovest della Valle del Cixerri, che trae il nome dall’omonimo fiume.
Fin dall’epoca neolitica, si attesta la presenza dell’uomo in questo territorio.
A tale proposito, di particolare importanza è la grotta di Su Concali de Corongiu Acca, una cavità naturale scoperta nel 1954 e frequentata nel Neolitico Antico e Medio, fino alla prima Età del Bronzo. La grotta, che ha una lunghezza di 7,50 metri, aveva esclusiva funzione funeraria. Essa ha restituito ceramiche ascrivibili alla cultura di Bonu Ighinu, risalente alla prima metà del V millennio a.C., una testina in tufo raffigurante la dea madre e un gran numero di ossa umane appartenenti a defunti di entrambi i sessi.
L’eredità nuragica è testimoniata dalla presenza di numerosi nuraghi, tre tombe di giganti e alcuni pozzi sacri, mentre non si hanno riscontri materiali certi riguardo al periodo fenicio-punico.
Più numerose, invece, sono le evidenze archeologiche che attestano la frequentazione del territorio di Villamassargia in epoca romana.
Infatti sono stati rinvenuti alcuni resti dell’antico acquedotto che approvvigionava la città di Calaris, l’odierna Cagliari, e che veniva alimentato anche dalla sorgente di Capud’acquas, sulle falde settentrionali del monte Ollastu.
La presenza romana è, inoltre, attestata dai resti di antiche fonderie, che rivelano l’importanza dell’estrazione mineraria in questo territorio, e di una necropoli in località Santa Barbara, le cui tombe sono databili tra il III e il I secolo a.C. Un altro sepolcreto è stato rinvenuto in località S’Arriali.
Gli studiosi hanno rilevato che la Villamassargia romana era una realtà di tipo rurale, basata principalmente sulla produzione di grano, come sembra indicare il nome stesso, che deriverebbe dal latino Villa Massaricia, ma anche sull’attività mineraria e sulla pastorizia.
L’importanza di Villamassargia crebbe notevolmente in età medievale. All’epoca il paese faceva parte dei territori del Giudicato di Cagliari e divenne, prima della nascita di Villa di Chiesa, il capoluogo della Curatoria del Cixerri, attestandosi come uno dei più popolosi centri del Sulcis Iglesiente.
In quel periodo la Sardegna iniziò a subire l’ingerenza politica ed economica di Pisani e Genovesi, che ebbero un ruolo determinante nello sventare il tentativo di conquista dell’isola da parte degli Arabi.
I Giudici sardi, riconoscenti dell’aiuto, iniziarono a operare concessioni e donazioni alle due città: tale pratica sfociò nella concessione ai Pisani del castello di Cagliari nel 1215, che sancì la supremazia politica e militare dei toscani sull’intero Giudicato. Quest’ultimo venne definitivamente sconfitto dai Pisani nel 1258: il suo territorio venne in parte affidato alla famiglia pisana dei Donoratico della Gherardesca, che ottenne il controllo di tutto il Sulcis Iglesiente, spartendosi i vari possedimenti.
La Curatoria del Cixerri, alla quale apparteneva anche Villamassargia, passò in mano al Conte Ugolino, mentre a Gherardo spettarono quelle di Sulci, Nora e Decimo. Successivamente, in seguito alla morte di Ugolino e alla rivolta del figlio Guelfo, sedata dalla città di Pisa, anche la Curatoria del Cixerri venne inglobata nei possedimenti della famiglia di Gherardo.
Al periodo medievale risalgono i principali luoghi della cultura di Villamassargia: la chiesa di San Ranieri (poi intitolata alla Madonna del Pilar) e quella di Santa Maria della Neve, il Castello di Gioiosa Guardia, S’Ortu Mannu e la dimora storica “Casa Casula”.
Villamassargia rimase sotto il dominio pisano fino all’arrivo in Sardegna dei Catalano-Aragonesi, che nel 1324 conquistarono Villa di Chiesa.
L’anno successivo anche Villamassargia cadde in mano aragonese.
Dal punto di vista storico e naturalistico a Villamassargia si trova un uliveto plurisecolare nella località di S’Ortu Mannu e dal 2008 è inserito nell’elenco dei Monumenti Naturali.
Esso è situato ai piedi della collina su cui sono ancora visibili i resti del Castello di Gioiosa Guardia, a circa 4 km a Est rispetto all’odierno abitato.
All’inizio l’uliveto aveva un’estensione di circa 500 ettari, oggi ridotti a 12.
Di impianto fenicio-punico, secondo l’ipotesi più accreditata durante l’epoca della dominazione pisana la famiglia dei conti della Gherardesca, divenuti signori delle Curatorie di Cixerri, Sulci, Nora e Decimo, avrebbe promosso e incentivato l’innesto di olivastri, affidandone la proprietà ai contadini che in cambio avrebbero dovuto versare la metà del prodotto.
Tale pratica venne mantenuta anche durante il periodo di dominazione catalano-aragonese.
Al 1436 risale un’ordinanza del viceré del Regno di Sardegna, che invitava i cittadini di Villamassargia a innestare gli olivastri che si trovavano nella vallata del Cixerri, in un luogo detto “Bega de s’acqua” sino alla località di “Santu Rumeu”, per un’estensione di circa 7 km.
Era frequente che i proprietari degli alberi non fossero gli stessi titolari del terreno dove gli arbusti erano piantati: questo causava frequentemente conflitti.
Per ovviare a questo problema, nel corso degli anni ’90 del XX secolo, il Comune ha avviato un procedimento espropriativo, attraverso il quale ha acquisito la proprietà delle piante.
I privati hanno ceduto gli alberi ad una cifra simbolica di 1000 lire ciascuno all’amministrazione comunale, in cambio del diritto, trasmissibile anche agli eredi, di usufrutto sullo stesso albero per 99 anni, con l’impegno di badare alla potatura e alla cura in generale.
Attualmente nell’orto si contano circa settecento di esemplari, ognuno dei quali reca una targhetta con il nome della famiglia usufruttuaria che si impegna a curarlo e a preservarlo.
Il numero 556, per esempio, identifica Sa Reina (La Regina), una pianta di circa 900 anni che, con il suo fusto di 16 metri di circonferenza, risulta tra i più grandi ulivi del Mediterraneo.
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