Torrecuso

Torrecuso – Piccolo borgo del beneventano, è un gioiello medievale affacciato a vedetta del Monte Taburno e della Valle del Calore. La sua posizione fa perfettamente comprendere l’origine e la funzione che ha svolto nei secoli passati: Torrecuso, infatti, ha alle sue spalle il monte Pentime, visto come difesa naturale della città di Benevento, centro del potente ducato longobardo. Inoltre, le sentinelle che si trovavano a guardia potevano tenere sotto controllo anche l’Alto Tammaro e le colline del Fortore. Ha origini antiche: qualcuno lo data al 216 a.C. circa, mentre altri pensano che fosse già abitato nel 316 a.C., con un nucleo abitato composto da alcuni profughi etruschi della città toscana di Chiusi che per questo motivo lo chiamarono Turris Clusii. Altri studiosi propendono sul fatto che Torrecuso derivi da torus o toronis che significano “altura” o “colle”, rispondente alla situazione del paese; da torus poi il diminutivo torricolus da cui Torlicoso e infine Torrecuso. Il centro storico, sviluppatosi in epoca longobarda, è rimasto pressoché intatto: stradine, o rampe, quasi parallele che sboccano in larghi angoli pittoreschi, tra archi e casette in pietra con scale a giorno. Viuzze strette e tortuose che si ritrovano tutte attorno al rinomato Palazzo Cito, dimora dei Cito, feudatari di Torrecuso, sede del primo Museo di Arte contemporanea del vino e della Filiera enogastronomica del Sannio con annessa Scuola del Gusto, di cui un’ala oggi è sede del Municipio. Imponente la costruzione del castrum marchesale al cui cospetto si capisce immediatamente che ci si trova in un luogo nato per motivi difensivi. Con il primo sole di marzo, sui muri e sui tetti delle case di Torrecuso, tra le aiuole, nei giardini, nelle siepi, sbocciano i fiori emblematici di questo paese. Sono delle viole dai petali luccicanti, lievemente profumate, dal giallo abbagliante che sembra una sottile lamina di foglia oro. Parlo della Viola d’oro o Viola di Spagna. Sembra, infatti, che i primi semi di questa pianta siano arrivati a Torrecuso proprio grazie a un soldato spagnolo al servizio del Marchese Carlo Andrea Caracciolo. Qualcuno, invece, dice che sia stato lo stesso marchese a portare i semi dalla Spagna, per rendere omaggio al capoluogo del proprio feudo. Il fiore è stato poeticamente descritto da Antonio Mellusi, nei Ricordi della Patria.

Torrecuso – Piccolo borgo del beneventano, è un gioiello medievale affacciato a vedetta del Monte Taburno e della Valle del Calore. La sua posizione fa perfettamente comprendere l’origine e la funzione che ha svolto nei secoli passati: Torrecuso, infatti, ha alle sue spalle il monte Pentime, visto come difesa naturale della città di Benevento, centro del potente ducato longobardo. Inoltre, le sentinelle che si trovavano a guardia potevano tenere sotto controllo anche l’Alto Tammaro e le colline del Fortore. Ha origini antiche: qualcuno lo data al 216 a.C. circa, mentre altri pensano che fosse già abitato nel 316 a.C., con un nucleo abitato composto da alcuni profughi etruschi della città toscana di Chiusi che per questo motivo lo chiamarono Turris Clusii. Altri studiosi propendono sul fatto che Torrecuso derivi da torus o toronis che significano “altura” o “colle”, rispondente alla situazione del paese; da torus poi il diminutivo torricolus da cui Torlicoso e infine Torrecuso. Il centro storico, sviluppatosi in epoca longobarda, è rimasto pressoché intatto: stradine, o rampe, quasi parallele che sboccano in larghi angoli pittoreschi, tra archi e casette in pietra con scale a giorno. Viuzze strette e tortuose che si ritrovano tutte attorno al rinomato Palazzo Cito, dimora dei Cito, feudatari di Torrecuso, sede del primo Museo di Arte contemporanea del vino e della Filiera enogastronomica del Sannio con annessa Scuola del Gusto, di cui un’ala oggi è sede del Municipio. Imponente la costruzione del castrum marchesale al cui cospetto si capisce immediatamente che ci si trova in un luogo nato per motivi difensivi. Con il primo sole di marzo, sui muri e sui tetti delle case di Torrecuso, tra le aiuole, nei giardini, nelle siepi, sbocciano i fiori emblematici di questo paese. Sono delle viole dai petali luccicanti, lievemente profumate, dal giallo abbagliante che sembra una sottile lamina di foglia oro. Parlo della Viola d’oro o Viola di Spagna. Sembra, infatti, che i primi semi di questa pianta siano arrivati a Torrecuso proprio grazie a un soldato spagnolo al servizio del Marchese Carlo Andrea Caracciolo. Qualcuno, invece, dice che sia stato lo stesso marchese a portare i semi dalla Spagna, per rendere omaggio al capoluogo del proprio feudo. Il fiore è stato poeticamente descritto da Antonio Mellusi, nei Ricordi della Patria.

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